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20 maggio, la rivincita dell’umano- Marco Revelli
– editoriale de Il Manifesto–
Un mare di persone, colorato festoso e accogliente. «Il mare a Milano» si presentava così ieri a chi arrivava alle due del pomeriggio a Porta Venezia, con il grande striscione ufficiale giallo «Insieme senza muri», a segnare il denominatore comune del grande mosaico. E poco distante l’altro, bianco a lettere nere, a far chiarezza per tutti sul comune sentire: «No one is illegal», con vicino, a colori, quello ancor più grande con la traduzione, «Nessuna persona è illegale».
Affermazione perentoria che ritornerà in mille cartelli, magliette, adesivi zizzagando lungo tutto il serpentone del corteo. Intorno tanta, tanta gente di ogni etnia, di ogni età, di ogni paese che s’incrociava, incontrava, mescolava con accenti diversi, vestiti diversi, storie diverse, appartenenze diverse, ma tutti trascinati nel ritmo amico della grande festa tranquilla. E tutti coinvolti nella comune consapevolezza che si stava, insieme, sul versante di uno spartiacque che sta decidendo del futuro del mondo e del mondo del futuro, rispetto al quale non si può più dilazionare il momento della scelta. Se non ora quando?
Si è discusso molto sulle linee di frattura che organizzano oggi il campo del conflitto politico e sociale. Quella che divide Destra e Sinistra, dichiarata da più parti obsoleta e stracca. Quella che contrappone Alto e Basso, emergente e turgida, capace di disegnare lo scenario dei nascenti populismi. Quella tra Conservazione e Innovazione, con tutto il carico di ambiguità che entrambi i termini contengono. La linea di frattura rispetto alla quale si è schierata ieri Milano (e a Milano l’Italia) è la linea che separa e contrappone Umano e Inumano. Linea d’ombra estrema, in qualche modo terminale, che conduce le comunità alle questioni ultime: essere o non essere ancora capaci di riconoscersi l’un l’altro, e il Noi nell’Altro.
Chi ha sfilato ieri ha sentito il bisogno di dire molto semplicemente, che voleva «restare umano». Non girare lo sguardo di fronte all’immagine di un uomo che muore, di un bambino che affoga, di una donna che partorisce su una spiaggia e poi spira. Una scelta potente (con una carica di energia positiva forte), perché quando l’Umano scende in campo con tutta la sua forza, gli argomenti del Disumano svaniscono, come i fantasmi di un romanzo gotico: lo si vedeva bene ieri dove, nella «sua» Milano Matteo Salvini sembrava una misera ombra, irreale e grottesca, evocata solo da qualche cartello irridente (uno recitava + Salvati /- Salvini).
Ma il 20 maggio milanese ha detto anche un’altra cosa. Un calmo, pacato ma fermo No all’ipocrisia politica. Alle finzioni e ai giochi doppi o tripli. I cartelli gialli con su scritto «No Minniti e Orlando» che costellavano il corteo in tutti i suoi segmenti, dalla coda alla testa, non erano espressione di una posizione «di parte». E nemmeno di una vocazione «divisiva».
Nella loro rizomatica pervasività esprimevano un sentimento diffuso e condiviso d’intransigenza su questioni di fondo quali sono quelle dei diritti e del rispetto della vita: non si può ridurre la nuda vita a minaccia del «decoro urbano». Non si possono creare corsie veloci e preferenziali per le espulsioni a scapito dei giusti gradi di giudizio. Non si può trattare con stati canaglia e tribù affinché respingano a crepare nel deserto coloro che non si vuole veder approdare sulle nostre spiagge… Semplicemente non si può. Chi lo fa, magari di nascosto, dietro il paravento dell’ipocrisia diplomatica, si colloca sul versante del disumano.
En téléchargement : Come arrivare alla manifestazione 20 maggio Milano
Per la solidarietà, contro l’intolleranza
Da Ventimiglia a Milano
Ci sono soglie che non possono essere superate, pena la perdita di noi stessi. Una di quelle è la soglia che separa l’umano e il disumano. L’affermazione di quella comunità di genere che ci accoglie tutti e ci fa degni di riconoscimento reciproco, o la sua negazione. Quella soglia viene oggi superata troppo spesso. Lo è con la colpevolizzazione della solidarietà in mare da parte di agenzie europee e di procure italiane. Con la penalizzazione del precetto evangelico di nutrire gli affamati da parte di pubblici amministratori. Con l’emanazione di una legislazione nazionale che sostituisce alla guerra alla povertà la guerra contro i poveri. Con la trasformazione dello stesso linguaggio corrente e l’emergere di parole segreganti come “decoro urbano”. Con la messa in atto di una politica estera volta a creare ai confini d’Europa barriere più feroci degli stessi muri alleandoci con stati canaglia o capi-tribù chiamati a respingere nel deserto chi non vogliamo più soccorrere nel “nostro mare”.
Per questo due settimane fa eravamo in molti a Ventimiglia per dire che punire la solidarietà o impedirne l’esercizio mette in pericolo i principi e i valori minimi di umanità e di civiltà. Sabato 20 maggio saremo molti di più a Milano per dire, riprendendo il grido della piazza di Barcellona, che l’accoglienza è un dovere. La manifestazione sarà un gesto di solidarietà, una scelta di campo, una presa di parola contro il rifiuto e il razzismo in qualunque modo si manifestino. Per essere forte e capace di cambiare le politiche del paese quella parola deve essere chiara e coerente. E deve fissare alcuni punti fermi.
Il primo punto fermo – e ci riconosciamo in questo nelle parole del manifesto con cui la manifestazione è stata indetta – è un salto di qualità nella politica che porti «a compiere passi avanti reali, come l’effettivo superamento della legge Bossi-Fini, l’approvazione della legge sulla cittadinanza, la necessità di rafforzare un sistema di accoglienza dei migranti fondato sul coinvolgimento di tutte le comunità e le istituzioni, la trasparenza, la qualità, il sostegno ai soggetti più fragili (i minori, le donne, i vulnerabili), la cultura dei diritti e della responsabilità».
Ma c’è un secondo punto altrettanto decisivo senza il quale la pratica dell’accoglienza è inevitabilmente limitata e la sua proclamazione rischia di essere in gran parte retorica. Il salto di qualità, la svolta della politica deve intervenire anche con riferimento ai più recenti provvedimenti legislativi (in particolare i decreti Minniti sui richiedenti asilo e sulla sicurezza, recentemente convertiti in legge dal Parlamento) che contraddicono in modo clamoroso lo spirito di accoglienza limitando le garanzie e i diritti per chi è in fuga da guerre e persecuzioni, incentivando risposte alle richieste di soccorso fondate sulla contenzione, creando improprie divisioni tra migranti, trasformando i sindaci in sceriffi e le istituzioni locali in presìdi a tutela degli inclusi contro i più deboli e i marginali. La “retata” della stazione di Milano di qualche giorno fa, con una inedita esibizione di forza muscolare fino all’uso della polizia a cavallo, è figlia di quella cultura e di quella politica. Guai a ignorarlo.
Solo con questa consapevolezza e con un impegno conseguente la manifestazione del 20 maggio sarà davvero «contro i muri». In questa prospettiva e con questo spirito vi aderiamo con convinzione e determinazione.
17 maggio 2017
Firma / Signataires :
Livio Pepino (magistrato e saggista)
René Dahon (Association Roya citoyenne)
Marco Revelli (storico e politologo)
Cédric Herrou (attivista)
don Luigi Ciotti (presidente Gruppo Abele e Libera)
Etienne Balibar (professeur émérite Université de Paris-Ouest)
Alessandra Algostino (Università di Torino)
Annie Carton (porte parole pour RESF 06)
Domenico “Megu” Chionetti (Comunità San Benedetto al Porto)
Riccardo De Vito (presidente Magistratura democratica)
Monica Di Sisto (Campagna Stop TTIP)
Eric Fassin (sociologue, Paris-8)
Carlo Freccero (autore televisivo e scrittore)
monseigneur Jacques Gaillot (évêque)
Patrizio Gonnella (Coalizione italiana per le libertà civili e Antigone)
Georges Gumpel (Union Juive Française Pour la Paix)
Elisabetta Grande (Università del Piemonte orientale)
Elisabeth Grimanelli (Cimade 06)
Mariarosaria Guglielmi (segretaria nazionale Magistratura democratica)
Franco Ippolito (presidente Tribunale permanente dei popoli)
Roberto Lamacchia (avvocato, presidente Associazione nazionale Giuristi democratici)
Olivier Long (Université Paris 1- Panthéon Sorbonne)
Susanna Marietti (Antigone)
Christian Masson (Mouvement contre le Racisme et pour l’Amitié entre les Peuples)
Ugo Mattei (Università di Torino)
Lidia Menapace (staffetta partigiana, femminista e saggista)
Tomaso Montanari (storico dell’arte, presidente Libertà e giustizia)
Andrea Morniroli (cooperativa Dedalus)
Richard Moyon (co-fondateur Réseau Education Sans Frontières)
don Fredo Olivero (Caritas Migranti)
Moni Ovadia (attore teatrale, drammaturgo e compositore)
Valentina Pazè (Università di Torino)
Carlo Petrini (fondatore Slow Food)
Henri Rossi (Ligue des Droits de l’Homme région Provence-Alpes-Côte d’Azur)
Nicole Scheck (porte parole pour l’association « Habitat et Citoyenneté »)
Ugo Sturlese (attivista)
Gianni Tognoni (segretario Tribunale permanente dei popoli)
Massimo Torelli (attivista)
Lorenzo Trucco (avvocato, presidente Associazione studi giuridici sull’immigrazione)
padre Alex Zanotelli (missionario comboniano)
Gianluca Vitale (avvocato, copresidente Legal team Italia)